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Il margine attrezzato per un nuovo rapporto tra città e fiume

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Pubblicare sulla rete una tesi di laurea in architettura rappresenta forse la collocazione più appropriata per un progetto che sicuramente rimarrà sulla carta ma che costituisce probabilmente l’IDEA stessa di architettura per uno studente alla conclusione del corso di laurea. Idea che, scontrandosi con la realtà, inevitabilmente si frantuma e trasforma in qualcosa d’altro.
La possibilità di porre virtualmente su una “piazza mondiale” un progetto di architettura diventa l’occasione per “costruirlo”, per dargli maggiore concretezza, per non lasciare che l’idea che ne è alla base si perda nella memoria.
La rappresentazione del progetto diventa in questo caso fondamentale in quanto costituisce l’unico processo di apprendimento, l’unica occasione di sperimentazione dello spazio architettonico. Come già Bruno Zevi aveva avuto modo di sottolineare nel suo testo fondamentale “Saper vedere l’architettura”, il processo di apprendimento dello spazio attraverso una sua rappresentazione bidimensionale non può avvenire solo con i mezzi tradizionali e ove questo non fosse possibile, piante, prospetti e sezioni devono essere realizzati in modo tale da favorire una comprensione profonda dello SPAZIO ARCHITETTONICO. Da semplici proiezioni ortogonali questi dovrebbero diventare “spaccati” di una realtà spaziale, in grado di sottolinearne cioè la terza dimensione, la virtualità, le sensazioni inespresse. Tale obiettivo lo si può raggiungere considerando ciò che definisce le qualità di uno spazio, cioè, oltre alle tre dimensioni, gli attributi materici e il rapporto con la luce, origine stessa della materia.
Oggi le tecnologie informatiche ci danno la possibilità di “rappresentare” lo spazio architettonico in modi forse più appropriati, che consentono cioè una comprensione migliore del progetto e dell’idea di spazio che c’è dietro. Dalle semplici rappresentazioni bidimensionali si è arrivati alla realizzazione di modelli virtuali tridimensionali visualizzabili da infiniti punti di vista, con angoli di campo diversi e in tempi diversi, grazie all’introduzione cioè, della quarta dimensione (animazioni o tecnologia VRML).
La definizione di punti luce e l’attribuzione di parametri materici diversi per il modello realizzato, (opacità, trasparenza, riflessione, rifrazione, tessitura, rugosità, lucentezza) consentono così di realizzare rappresentazioni virtuali molto più efficaci al fine della comprensione di un progetto ma che ne facilitano anche lo sviluppo in fase di ideazione.
In questo progetto si sono utilizzati diversi tipi di rappresentazione: da quelli classici delle proiezioni ortogonali, e dei plastici di studio, alle viste prospettiche di modelli virtuali volutamente semplificati, ai rendering maggiormente realistici del progetto definitivo.
La rappresentazione bidimensionale più adeguata per la lettura dello spazio rimane quella delle sezioni verticali dalle quali possono essere già letti i materiali e i rapporti volumetrici tra i vari ambienti la pesantezza e la leggerezza delle chiusure verticali, la trasparenza o l’opacità, la luminosità degli ambienti. Ma è con le viste prospettiche che la comprensione del progetto si realizza maggiormente, cioè con un tipo di rappresentazione più simile a quella che potrebbe essere l’esperienza reale dell’architettura.
Ed è proprio con queste che inizia la rappresentazione del progetto piuttosto che con la successione delle tavole presentate per la discussione. L’ipertestualità del medium consente comunque salti alle altre sezioni per consentire la personalizzazione del percorso di conoscenza.


pubblicata nell'anno 2000

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